Lunedì, 18 Novembre 2013 23:59

Buddha a Rivalta Scrivia

Scritto da  Gerardo

Trasmettiamo l’ultima fatica di Ezio Albrile, su un’abbazia a pochi chilometri da Tortona (AL), notevole esempio di architettura cistercense, di cui, della fase più antica (XIII sec.), sopravvivono alcuni capitelli di uno scomparso chiostro.
Nel seguito il testo con alcune fotografie.




Buddha a Rivalta Scrivia

L'Abbazia di Rivalta Scrivia, a pochi chilometri da Tortona, rappresenta un notevole esempio di architettura cistercense. Della fase più antica (XIII sec.) sopravvivono alcuni capitelli di uno scomparso chiostro. Alla base di uno di essi troviamo un suggestivo elemento iconografico: un fiore di loto affiorante da una sorta di piccola protuberanza circolare. Tra i motivi orientali infusi nell'arte romanica, il prediletto è il fiore di loto. Il motivo probabilmente deriva dall'area centroasiatica e da un'arte genericamente definita "del Gandhara", dalla quale provengono le più antiche immagini del Buddha . Il toponimo "Gandhara" si incontra la prima volta nel Rigveda - una raccolta di antichi inni indiani risalenti al II millennio a. C. - dove indica, del pari che nelle fonti achemenidi, greche e romane, una regione alla frontiera nord-occidentale dell'India. Queste regioni, agli albori dell'era volgare, vennero inurbate dai Kusaṇa, una vasta etnia centroasiatica, che formò un vasto impero. I Kusana ebbero successo nell'inserirsi attivamente nei commerci della via della seta, lungo la quale viaggiavano oggetti, uomini e idee. E poiché nelle terre da essi dominate si era diffuso il buddhismo, la via dei traffici commerciali favorì anche l'espansione di quella dottrina e dell'arte che a essa si ispirava. Il buddhismo costituì un fortissimo vincolo e le manifestazioni artistiche ad essa ispirate che nacquero nel Gandhara, influenzarono profondamente l'arte occidentale, prima attraverso i contatti con Roma e in seguito con Bisanzio.

Il Buddha nell'arte del Gandhara viene ad essere considerato non più come un ispirato maestro mortale, ma come un dio, e l'ideale cui i suoi seguaci mirano non è più il nirvaṇa, ma il bodhisattva, non più l'estinzione ma la salvazione. Uno di questi eroi è Maitreya, il Buddha del futuro che alla fine dell'evo in corso discenderà dal cielo a predicare la Legge. Fra i vari tipi, utilizzati dall'arte del Gandhara, prediletto appare quello costituito da un fiore di loto, pianta che nascendo dall'acqua è assunta a simbolo della cosmogonia. Il trono di loto è in particolare proprio di Sakyamuni nell'episodio del Grande Miracolo di Sravastì, ove egli opera una serie di prodigi, tra i quali quello di riempire lo spazio di innumerevoli Buddha emanati dalla sua persona, situati anch'essi su fiori di loto. Ma il retaggio è vedico, se pensiamo che Surya il sole è equivalente al loto, simbolo di conseguimento e rinascita spirituale. Disco solare, nimbo e fiore di loto tendono nell'iconografia a sovrapporsi. Altri simboli con cui il sole è rappresentato a partire dal periodo tardo e post-vedico sono lo svastika con andamento orario (lo svastika levogiro è simbolo polare), il cerchio con raggi e il cakra o ruota, altri simboli che troviamo nell'arte romanica.

Altro Buddha salvifico è Amitabha, il Buddha della luce infinita, che presiede il Paradiso Occidentale, la Sukhavatì, e il cui culto è legato alla scuola della Terra Pura. La sua fortuna iconografica coincide con la diffusione e popolarità del «Sutra del loto» e di quello della «Meditazione su Amitayus», in cui Sakyamuni, dal Picco dell'avvoltoio, annunzia a monaci e Bodhisattva riuniti, la presenza del Buddha Amitabha nella Terra Pura d'Occidente. Il Paradiso Occidentale o Sukhavatì, così come è descritto nel Sukhavatì vyuha, è un giardino chiuso, meraviglioso, a cui può accedere solo il puro di cuore; per potervi rinascere bisogna ottenere la bodhi meditando su sedici temi e incoraggiando gli altri a percorrere lo stesso cammino. Amitabha, al tramonto, appare al morente e lo conduce nel suo paradiso dove crescono alberi e fiori preziosi, dove scorrono acque che cantano e i fedeli rinascono nel cuore di un fiore di loto.

Ma il fiore di loto dell'Abbazia è poggiato su una protuberanza cosmogonica, il loto rigoglioso sulla terra che s'innalza sulle acque. Questo è anche il senso traslato dello stupa, il tumulo funerario del Buddha che nell'arte gandharica assurge ad elemento cosmologico.





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